Diventare Cagna - manuale di lotta (14/7/21)
Ho comprato questo libro nel 2019, al Vieni? Catania Porn Fest. L’ho tenuto lì, nella libreria, temporeggiando per chissà quale motivo. Ora lo so.
“Sono un’archeologa delle donne indomabili”
Un programma per diventare Cagna
A tenere questo libro in mano, nell’edizione che ho (edizioni Golena, 2015, collana Malatempora), non si capisce mica tutto il suo potere. Eppure la magia delle cagne sta in questo: non daresti loro un centesimo, ma quanto te lo rimettono sotto sopra, ‘sto mondo?
Io non so perché ho atteso tanto a lungo, per leggere “diventare cagna”, di Itziar Ziga. S’era accesa già la voglia di lottare e di capire; sapevo già quanto fosse un testo di una certa importanza, eppure niente. Ho letto queste pagine, adesso, e credo di aver capito perché: dovevo essere pronta, più pronta. Più pronta a incazzarmi, a capire le dinamiche sbagliate dentro e fuori di me; dovevo navigare più a lungo nell’esperienza (non solo un progetto) che è La Camera Di Valentina. Ai tempi mi è sembrato sufficiente partecipare al primo festival del post-porno in Sicilia, le emozioni erano già tante. Così ho riposto “Diventare Cagna” nella libreria, e chi s’è visto s’è visto.
Nel prologo scritto da Virginie Despentes e Paul Preciado - e preceduto dall’introduzione all’edizione italiana scritta da Santa Slavina, così giusto per non fomentare l’entusiasmo affatto - trovate la citazione riportata sopra. Questa è solo un piccolo taglio in prospettiva dell’immenso mondo militante e sovversivo che è contenuto in queste pagine, ma sì, dà l’idea di quello che potete farci: incamerare un programma di azione e rivoluzione per essere, agire e pensare come cagne, a prescindere dalla vostra identità di genere.
Sulle femminilità
Itziar Ziga scrive un manuale di resistenza e di lotta all’etero-cis-patriarcato dosando assertività e umiltà in equa dose, intrecciandole alle sue memorie militanti. Ne viene fuori questo libricino apparentemente vulnerabile ma che, se aperto davanti ai fasci, li fa squagliare.
Testimonia tramite i racconti, non solo suoi: di tanto in tanto capeggiano, a sostenere le sue tesi contro l’eteronormatività, contro il fascismo, per il diritto ad abbaiare scosciat* di notte e a favore del lavoro sessuale, anche cagne del suo branco: soggettività non conformi, ribelli e sguaiate. Cagne senza guinzaglio, a meno che non sia quello dei pet role play.
Sono tutte persone che in un modo o in un altro, Ziga compresa, si sono appropriate, dopo un lungo percorso di decostruzione, della loro personale femminilità.
La femminilità come concetto e costrutto sociale nelle mani del patriarcato diventa l’ennesima declinazione del controllo sulle soggettività che non siano maschi, bianchi, cisgenere ed eterosessuali. Ma se questo dispositivo di controllo viene manomesso, parodiato, portato all’esasperazione, diventa modello di autodeterminazione.
Le teorie queer da decenni cercano di comunicarci quanto il genere, costruito a puntino e malleato a seconda del posto in cui ci troviamo (ma sempre con lo scopo di arginare e controllare le innumerevoli possibilità di esistere e di essere degli animali umani), sia da smontare e indagare, nel suo binarismo di maschilità e femminilità.
Eppure oggi, come quando ZIga scrisse questo testo, il femminismo bianco e borghese impera al punto da avere delle grosse falle difficoltose nell’intersecare i due aspetti della stessa liberazione.
Da una parte viene quasi da sé che le soggettività queer - donne e uomini trans, persone non binarie, chiunque si collochi tra i due o oltre i generi - riscrivano i costrutti, nel caso di “Diventare Cagna” quello della femminilità; ma ciò che Itziar Ziga ci suggerisce, tramite questi spunti di riflessioni, aneddoti di vita e memorie è che riprendere la femminilità e sollevarla dall’imposizione patriarcale per deformarla a nostro piacimento è un’azione che può includere tutte, donne cisgenere e donne transgenere, e che servirebbe una manovra di autocoscienza enorme che permetta di liberarci da decaloghi su come essere delle vere persone emancipate, accogliendo invece la varietà di autodeterminazioni.
Ci prendiamo tutto, anche gli scarti
Non manca, ovviamente il lavoro sessuale e le sue declinazioni femministe di impoteramento. Nelle parole ammirate ed entusiaste di Itziar Ziga si ripercorre il dibattito sempre aperto sulla questione “lavoro sessuale, sì, no” e di come venga gestito, puntualmente, senza interpellare l* sex worker; la ferita sempre aperta su cui mettono il sale che in un argine vede l* sex worker, dall’altra le femministe abolizioniste, pronte a sovradeterminare senza ascoltare, al pari di un qualunque fascista clericale.
Leggendo queste parole devo ammettere di aver provato imbarazzo, nel 2021, nel ritrovarmi ancora nelle stesse dinamiche.
La sessuofobia interiorizzata e intessuta in una società capitalista che agevola lo sfruttamento in ogni cosa, ma che riesce moralisticamente ad additare la colpa solo a una tipologia di lavoro. Stiamo ancora qui, nonostante l* sex worker sgomitino con più veemenza per farsi sentire; ancora sovradeterminat*, ancora zittit*, ancora stereotipat*, così da mantenere una narrazione piacente al pietismo, senza soluzione.
E poi lui, il postporno: politico e bagnato, scrive Itziar Ziga.E ci trovate dentro tutto questo: la rivalsa del desiderio indecoroso, sporco; lo scarto della società per bene che sta sulle vetrine della vita.
Di postporno ne avete letto qui, per Sbirciatine, anche con il saggio di Valentine aka Fluida Wolf, la quale in “Diventare Cagna” ha curato la traduzione (tutto torna) e la stessa energia la troverete anche in queste pagine, in cui la crescita e il percorso femminista si intrecciano nei bassifondi della decenza, aiutandoci a capire che è proprio vero: il decoro è solo una facciata di controllo, inutile quanto ipocrita.
Non ho letto questo libro prima perché
Perché con La Camera Di Valentina mi sono buttata subito nel riappropriarmi delle parole che, altrimenti, mi sarebbero state tirate contro come pietre, per ferirmi: puttana, troia, facile; fino alle più subdole, quelle che cadono dall’alto dei loro Stocazzo, nella cattivera della gente che “si preoccupa per te”. Sapevo che dovevo farlo perché era giusto. Ma non ero davvero pronta. Dovevo dimostrare qualcosa a qualcuno, fosse anche il maschio egemone dentro di me, o filtrato dagli occhi delle mie amiche. Ribelle, guardami sono ribelle.
Ma così diventa stancante. Non ho smesso neanche un minuto, dagli inizi di questa esperienza, di fare la mia rivoluzione. Ma semplicemente, non ero matura abbastanza. Ora non è che sia finita, però ho trovato in “Diventare Cagna” una casa. Al pari di “Monologhi della Vagina”, tornerò a rileggerne le pagine per farmi forza, e per trovare conforto.
Le cagne superano il tempo e lo spazio.
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